mercoledì 21 settembre 2011

COME HANNO FATTO ?

Dure accuse contro i banchieri di Wall Street e alcuni governi europei, in particolare Grecia e Italia, sono state mosse dal quotidiano americano New York Times e il settimanale tedesco Spiegel.
Secondo i due giornali e i loro siti internet che hanno rilanciato gli articoli in tutto il mondo, banche come Goldman Sachs e JPMorgan avrebbero aiutato i governi europei con le economie più scassate a mettere in ordine con della finanza i loro conti, in modo da consentire di passare sotto le forche caudine degli accordi di Maastricht sulla moneta unica e quindi di potere entrare nell’euro e di restarci senza pagare dazio.
Per le grandi banche di Wall Street, in cima alla lista Goldman Sachs e JPMorgan, era un’occasione troppo ghiotta quella di “entrare in una simbiosi ad altissimo guadagno con governi dalle tasche bucate. La sola Grecia ha reso alla sola Goldman Sachs qualcosa come 300 milioni di dollari di parcelle. Cosa abbia pagato il governo italiano non si sa, ma è certo che sono stati tanti soldi.
Le rivelazioni sull’Italia non sono una novità, ma finora erano state limitate a discorsi di specialisti come il professor Gustavo Piga e ……in entrambi i casi nell’ambito del Coucil of Foreign Relations, una quasi centenaria istituzione americana, molto addentro alle segrete cose del mondo, ma di scarso sex appeal per il grande pubblico. Se ne parlò nel 2001, ma l’aggiustamento dei conti risale agli anni 1996 e 1997, quando l’Italia doveva ridurre i propri debiti per aderire all’Euro. All’epoca presidente del Consiglio era Romano Prodi, ministro del Tesoro era Carlo Azeglio Ciampi e ministro delle Finanze Vincenzo Visco.
Se ne occupò anche Financial Times, sempre nel 2001, scrivendo che, anche se nel 1996 l’Italia registrava un deficit di bilancio del 6,5 per cento del Pil, oltre il doppio di quello permesso da Maastricht, “nel 1999, anno del lancio della moneta unica, l’Italia aveva ridotto il deficit al di sotto del 2 per cento”.
Secondo il rapporto pubblicato dal Council on Foreign Relations, il fenomeno avrebbe avuto connotati molto preoccupanti perche rivelatore  della possibilità che altri artifici del genere sarebbero stati messi in atto ai tempi anche da altri paesi. Seguiva una esortazione a vigilare di più sul mercato dei derivati dal momento che “tali abusi potrebbero continuare”.
Prodi fece il diavolo a quattro, disse che erano tutte balle. Berlusconi era tornato al Governo, ma cavalcare lo scandalo non gli conveniva, perché con il cerino in mano sarebbe rimasto lui. Dichiararono ufficialmente sia il Tesoro italiano sia le autorità di Bruxelles che l’operato dell’Italia aveva superato l’esame di Eurostat, cui compete la valutazione dei criteri per il calcolo del debito pubblico dei paesi europei che ne aveva certificato la regolarità.   I giornali non capirono la vicenda. La storia morì lì.
D’altra parte lo facevano anche altri paesi europei. Anche se accordi di questo tipo erano guardati con sospetto negli ambienti governativi, ancora nel 2000 i ministri delle Finanze europei erano incerti e divisi sull’obbligo di dichiarare accordi sui derivati finalizzati a contabilità creativa. E nel 2000 la risposta fu no.
Solo a partire dal 2002 furono rese obbligatorie le informative su certi titoli, tipo quelli usati dai greci, ma il governo greco continuò a non includerli nei suoi bilanci. La cosa non passò inosservata a Eurostat, l’agenzia europea di statistica, che nel 2008 scrisse che “in varie situazioni, le operazioni di securitizzazione messe sogtto osservazione sembra siano state pensate di proposito per conseguire un risultato contabile definito, senza riguardo al valore economico dell’operazione”.
Il New York Times ha fatto tesoro dello studio dell’economista italiano Piga, che ha scritto: «I derivati sono uno strumento finanziario molto utile se usati correttamente». Il giornale sentenzia:  ”Giochi contabili di quel tipo possono tornare utili a breve termine, ma nel tempo possono rivelarsi disastrosi”.
Ora la Grecia è in crisi totale e ancora non si sa come andrà a finire e anche per l’Italia il passato ritorna perché il fantasma dei derivati è stato evocato dal caos della Grecia.
Con l’aiuto di JpMorgan,scrive il New York Times, «nonostate elevati deficit persistenti nel 1996, un derivato ha aiutato l’Italia a mettere il bilancio in linea: cambiando valuta con la banca a un tasso favorevole, e portando più disponibilità finanziarie nelle mani del governo. In cambio, l’Italia si era impegnata a rimborsi futuri che non sarebbero stati inseriti come passività».  http://www.blitzquotidiano.it/economia/wall-street-grecia-italia-debito-245070/
           

Nessun commento: